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C) Tra inter-soggettività e inter-corporeità: riflessioni sulle determinati interazionali dell’attaccamento. Testo di Rosario Montirosso

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Messaggio Da Admin Mer Feb 20, 2019 4:35 pm

Attaccamento e intersoggettività (il corpo e la costruzione dei segnificati)
Referenti e moderatori:  Dodet – Montirosso - Fenelli


Negli ultimi quattro decenni la teoria dell’attaccamento ha rappresentato uno dei più rilevanti modelli evolutivi sia nel campo clinico sia in quello della ricerca, che ha cercato di fornire una visione unificante sul ruolo che le relazioni primarie hanno nello sviluppo dell’individuo. Tuttavia, diversi studi e meta-analisi sia su popolazioni non cliniche che su gruppi clinici, suggeriscono che la dimensione degli effetti relativa alla trasmissione dei modelli di attaccamento è moderata (Van IJzendoorn et al., 1992). A esempio, sebbene in famiglie a rischio la correlazione tra rappresentazione autonoma del genitore e attaccamento sicuro del bambino sia r = 0,14, nelle famiglie non a rischio la correlazione sale solo a r = 0,39 (Verhage et al., 2018). Poiché la percentuale di attaccamento sicuro nella popolazione non clinica è tra il 54,9% e il 67,0% (Tambelli et al., 2008; Simonelli et al., 2012), questo dato indica che molti bambini potrebbero sviluppare un attaccamento sicuro, in modo quasi indipendente dallo stile di attaccamento del genitore; una prospettiva che contrastata fortemente con quanto proposto dallo stesso modello.

Diverse criticità, sia teoriche che metodologiche, sono state sollevate anche nel caso dell’attaccamento disorganizzato/disorientato. In una recente revisione della letteratura, Granqvist e colleghi (2017) hanno evidenziato il rischio di errate applicazioni della teoria dell’attaccamento che possono derivare da ipotesi non del tutto corrette. Gli autori suggeriscono quattro principali criticità: (1) l’idea che l’attaccamento sia una valutazione comprensiva dell'individuo, (2) l’idea che la presenza di attaccamento disorganizzato indichi in modo affidabile una storia di maltrattamento infantile, (3) la visione che l'attaccamento disorganizzato sia un forte predittore di psicopatologia e, infine (4) che rappresenti un "tratto" statico del bambino.


Nella revisione gli autori riportano evidenze di come queste quattro ipotesi siano false e fuorvianti (Granqvist et al., 2017). Globalmente queste evidenze indicano che occorre considerare il contributo di diversi fattori per avere un quadro articolato del ruolo giocato dalle relazioni primarie sullo sviluppo dell’individuo.  Non solo, ma che alcuni presupposti assunti in modo acritico, possono finire con il danneggiare, in modo selettivo, soprattutto le famiglie svantaggiate e/o famiglie che affrontano fattori di rischio multipli come nel caso di genitori con menomazioni funzionali.

Alcuni di questi presupposti riguardano anche la relazione stile genitoriale e modelli di attaccamento nelle prime fasi dello sviluppo infantile. Un esempio specifico è la diffusa convinzione che esista una stretta associazione tra attaccamento sicuro e mentalizzazione materna. In linea teorica, la capacità di mentalizzare permette al genitore di avanzare interpretazioni sugli stati interni del bambino (Meins et al., 2012). Tuttavia, questa capacità non garantisce di per sé che il genitore si renda conto dell’impatto del suo comportamento sul bambino e quindi che promuova un attaccamento sicuro. In questa prospettiva, può essere indicativo menzionare il fatto che gli individui con disturbo di personalità antisociale, pur non presentando deficit significativi della mentalizzazione, non manifestano preoccupazioni empatiche relativamente all'impatto che il loro comportamento può avere sulle loro vittime. Nell’ambito dell’infant research la mentalizzazione viene rilevata sulla base di ciò che il genitore verbalizza del bambino o dice al bambino, quindi su un registro semantico/astratto (ossia, linguaggio e/o rappresentazioni mentali). Tuttavia, ciò che il genitore verbalizza potrebbe non essere coerente con il comportamento messo in atto. Diventa quindi essenziale considerare quella che Shaia e Belsky (2017) definiscono una mentalizzazione genitorialità incarnata, ossia un processo parentale che consideri il ruolo del comportamento interattivo non verbale, basato sugli scambi corporei tra l’adulto e il bambino.

È indubbio che nelle prime fasi dello sviluppo e nelle relazioni precoci la dimensione della corporeità riveste un ruolo critico. Un primo aspetto è che negli scambi interattivi, l’inter-corporeità tra il genitore e il bambino viene sempre prima di altre modalità inter-soggettive. I genitori (tipicamente la madre) utilizzano il contatto corporeo e il tocco interpersonale ben prima che si sviluppi nel bambino un modello di attaccamento e il cui valore per l’esperienza del bambino non è solo di natura regolativa. In qualche misura i genitori non “servono” solo a soddisfare bisogni primari, né “servono” solo consolare o a proteggere il proprio bambino (una determinante relazionale essenziale nella teoria dell’attaccamento). In effetti, molto prima che si sviluppi un modello operativo interno, l’adulto, a partire da scambi inter-corporei, aiuta il bambino a dare senso alle cose che accadono per far si che espanda la propria conoscenza del mondo circostante. Non solo, ma le modalità di contatto corporeo e il tocco interpersonale affettivo utilizzate dall’adulto sono una parte integrante del processo di elaborazione del Sé corporeo del bambino, a partire dal quale si struttura progressivamente la sua esperienza soggettiva. Peraltro, recenti studi suggeriscono come il contatto fisico moduli il corpo del bambino agendo a livello neurobiologico ed epigenetico. Ad esempio, rispetto ai non allattati al seno nei primi cinque mesi di vita, quelli allattati presentano ridotte modificazioni epigenetica del gene del recettore del cortisolo che si associa ad una maggiore resilienza fisiologica in risposta a situazioni di stress sociale (paradigma Still-Face; Lester et al., 2018). Inoltre, il tocco affettivo, probabilmente anche attraverso il sistema delle fibre tattili C, promuove l’interconnessione di diverse informazioni sensoriali rafforzando il processo di integrazione somato-sensoriale.

Alla luce di queste evidenze si potrebbe sostenere che lo sviluppo del Sé corporeo del bambino è, di fatto, una co-creazione che emerge dall’intreccio tra caratteristiche individuali del bambino e stile interattivo del genitore (Montirosso, 2018). In breve, da una parte l’inter-corporeità adulto-bambino è un sistema per modulare le esperienze del bambino, ad esempio le madri utilizzano innumerevoli volte il contenimento fisico e il tocco affettuoso per calmare il proprio bambino. Dall’altra, lo scambio tonico-emozionale può veicolare significativi diadici bio-psicologici che rafforzano il senso della propria esperienza soggettiva, espandono la consapevolezza del bambino e promuovono la conoscenza del mondo circostante.

Queste e altre evidenze aprono a nuove prospettive sulla complessità dei processi che sono alla base dell’interazione precoce e che possono assumere una valenza di precursori dell’attaccamento.  Sebbene l’impianto generale della teoria dell’attaccamento continui ad avere una chiara validità scientifica, i risultati di recenti studi provenienti dall’ambito dell’infant research, evidenziato l'importanza di spostare il focus sui determinanti interazionali dell'attaccamento oltre alcuni fattori che finora sono stati considerati chiave, come ad esempio la sensibilità materna e la mentalizzazione. Di conseguenza, se si vuole andare verso una comprensione più completa delle determinanti interattive dell'attaccamento, sembra giunto il momento di affrontare in modo più articolato alcuni di questi aspetti. Al di là delle classificazioni dell’attaccamento e del concetto di modello operativo interno, che rimangono costrutti di carattere generale, è necessario aprire ad una riflessione su modelli sofisticati dell’interazione precoce che possano spiegare con maggiore dettaglio come il comportamento genitoriale influenzi l'organizzazione dell'attaccamento.

Rosario Montirosso

La teoria dell’attaccamento ha dato un contributo essenziale nella comprensione del ruolo giocato dalle relazioni primarie nello sviluppo dell’individuo. Tuttavia, sebbene l’impianto teorico generale continui ad avere una chiara validità scientifica, recenti evidenze basate su studi di infant research, evidenziano l’importanza di riconsiderare in modo critico alcuni dei precursori interazionali individuati come determinati dell’attaccamento. Ad esempio, per quanto sia ben documentata l’associazione tra mentalizzazione genitoriale, intesa come un processo semantico/rappresentazionale, e attaccamento sicuro, diversi studi indicando l’importanza di considerare quella che viene definita la mentalizzazione genitoriale incarnata, ossia il comportamento non verbale del genitore e basato l’inter-corporeità tra l’adulto e il bambino (Shaia e Belsky, 2017). Per il fatto stesso che gli scambi corporei (contatto fisico, tocco interpersonale, ecc.) siano antecedenti alla costituzione di modelli operativi interni, è molto probabile che l’inter-corporeità contribuisca in modo essenziale alla modulazione dell’esperienza del bambino e alla co-creazione di significati diadici inter-soggettivi. Alla luce di questa prospettiva e sulla base di evidenze relative alla strutturazione dell’esperienza corporea, anche grazie all’apporto di adattamenti epigenetici, il contributo si propone come una riflessione sull’intreccio tra inter-corporeità e inter-soggettività nella relaziona precoce genitore-bambino.

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